Viaggio in moto in Norvegia – considerazioni

Ho già scritto moltissimo del viaggio in moto dello scorso anno che ha portato Marco e la sottoscritta fino alle isole Lofoten dall’Italia. Nello specifico:

Ho già scritto moltissimo anche di Norvegia dal momento che è un luogo che adoro e ci vado spesso.
Evidentemente non ho ancora terminato le cose da dire. 
In realtà oggi più che dell’itinerario, dei luoghi, della logistica io vorrei scrivere del viaggio in moto in sé. Era il mio primo viaggio in moto, in assoluto e devo dire la verità: mi piacciono molto le moto, i motori, correre. È il mio lato tamarro.
Il tamarro è sempre in voga perchè non è di moda mai.
Non ho mai guidato una moto per diversi motivi personali che non starei ad approfondire qui, ma ogni volta che mi viene proposto un giro in moto io ne sono entusiasta. Amo la moto e la amo ancora di più ora che ci ho speso 18 giorni.
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Prima di partire, il mio lato femminile (quello tamarro non pensava ad altro che alle corse in moto) era preoccupato per il bagaglio. Non mentirò, è complicato. Ci stanno pochissime cose. Sono riuscita a portare con me: un paio di jeans, qualche maglietta, una felpa, scarpe da ginnastica, beauty in formato ridotto, intimo e gli strati interni dell’abbigliamento tecnico da moto. Basta.
Non mentirò nemmeno se vi dico che è stato preoccupante solo al momento di fare i bagagli perchè poi il tempo che si passa senza moto è poco e non c’è bisogno di avere nulla. Anzi. Ho trovato tutto questo molto liberatorio. Il non poter fare acquisti, il non averne nemmeno voglia, l’essere concentrati sulla moto, sul suono del motore, sulla strada, sull’aria, sugli odori.
Gli odori sono una parte meravigliosa di un viaggio in moto, diversamente da altri mezzi di trasporto con la moto si riesce ad essere sempre all’aria aperta e a sentire il profumo dei pini, del mare. È impagabile. La moto ti mette in balìa del meteo ogni singolo minuto, ti preoccupi solo per pochi minuti perchè quando sei zuppo ti assicuro che ormai non ci puoi fare più niente e chissenefrega (a proposito di viaggi con la pioggia, se volete potete leggere questo resoconto del mio piovosissimo soggiorno in Guatemala). Si impara ad accettare. Si impara ad essere pronti. Si impara ad arrendersi e a godersela lo stesso.
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Tutto questo (no bagaglio, meteo alé, odori) a me ha dato un enorme senso di libertà. Inoltre la diversa prospettiva che si gode da una moto è un plus non indifferente, visto che la sella è più alta di altri mezzi e supera in altezza il guardrail permettendoti di vedere praticamente tutti i fiordi.
L’altra lezione viene dal dividersi i compiti. Marco ha guidato benissimo per giorni e giorni, per 6mila e rotti km, in montagna, sul bagnato, in qualsiasi condizione possibile. Tutto questo è molto stressante fisicamente, lo è ancora di più se pensate che aveva la responsabilità di un’altra persona sulle spalle.
Dovevo fare la mia parte così mi sono occupata dell’organizzazione del viaggio, ogni giorno ho imparato i percorsi che ci attendevano in modo che non dovessimo continuamente consultare la mappa e Marco era già super impegnato a guidare, non poteva anche leggere le mappe.
È importantissimo che in un viaggio simile ognuno faccia la sua parte, altrimenti diventa stressante e non lo deve essere.
A proposito della mia parte io avevo anche un altro compito: tenevo i soldini. Quindi ad ogni sosta benzina entravo nel negozietto del distributore. Le prime volte toglievo il casco, poi mi sono stufata perchè era una fatica con il sottocasco, così entravo con il casco. In Italia avrebbero chiamato immediatamente i carabinieri. Entravo, sfoderavo un sorriso, chiedevo scusa per il casco. Mi guardavano strano, ma chi non ci guardava strano conciati come eravamo?

Da rifare assolutamente. Da rifare milioni di volte. Se ne avete la possibilità fatelo. E fate tanto stretching!

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Il mio casco
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