Considerazioni indiane

Sono stata in India due volte e sempre e solo per lavoro.

Mi hanno chiesto spesso perchè una come me, curiosona dell’intero mondo, non è mai stata in viaggio in India, il Paese che è considerato la Mecca dei viaggiatori. I racconti di chi va alla scoperta dell’India in lungo e in largo in effetti mi hanno sempre lasciata a bocca aperta. Non dimentichiamo poi che sono cresciuta con Indiana Jones e con i libri di Salgari.

C’è decisamente qualcosa di molto affascinante in questo bel cassetto, sembra che un’esperienza in India sia il non plus ultra di chi cerca se stesso viaggiando.

Io lo dico in tutta onestà.

Sono stata lontana dall’India finché ho potuto, perchè sapevo che mi avrebbe fatto molto male. Sapevo che non avrei trattenuto le lacrime.

Tanti Paesi e luoghi fanno male, anche quelli del cosiddetto Primo Mondo, non necessariamente deve essere una realtà povera… ma in India io sapevo già che il mio povero cuore sarebbe andato letteralmente in frantumi. E così è stato.

Questo scrivevo agli amici mentre mi trovavo in India:

Che posto strano l’India.
È la seconda volta che vengo qui per lavoro e purtroppo mi prudono le mani perché non ho mai tempo per “sporcarmi” lí fuori.

È strano perché c’è un servilismo che ti spezza il cuore. Ho visitato una fabbrica nel bel mezzo del deserto – un caldo che ti sciogli.
Questo omino ci seguiva per tutto il tempo portando un vassoio con bottiglie d’acqua. Immobile e zitto ci seguiva. Non riuscivo a guardarlo, mi veniva da piangere.

E quello che non riesci a fare è una conversazione normale al ristorante, c’è qualcuno che ti interrompe continuamente per chiederti se vuoi il 25mo piatto di cibo, da bere, un nuovo tovagliolo. Vuoi l’aria?

Perché manca l’aria. A volte qui è quella situazione in una relazione in cui dici “mi manca l’aria, dobbiamo parlare“. Non mi manca perché mi disturbi, ma perché non riesco a guardarti mentre mi servi. È commovente.

Sono stata lontano dall’India finché ho potuto, ma non riuscirò a resistere oltre. Voglio il mio zaino, una scorta di imodium, che finisca la stagione dei monsoni e uscire lì fuori, tra le sberle del caldo e dell’umidità e lasciarmi andare alle lacrime.

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