Guatemala: itinerario di viaggio per due settimane – 2a parte

La prima parte di questo itinerario la trovate qui.

8° giorno: Escursione in barca lungo il Rio Dulce con fermate ad Aguas Calientes, La Pintada, Lagunas Escondidas, Islas de Pajaros e al Castello di San Felipe. È tutto incredibile. Il primo tratto di fiume è tra fianchi scoscesi e si passa tra le mangrovie che cadono con dolcezza nell’acqua, poi si arriva a una comunità che gestisce un bed & breakfast (consigliatissimo, sul fiume, completamente immerso nella natura) e un parco botanico, poi c’è un’ansa del fiume piena zeppa di ninfee, è un sogno.

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Siamo arrivati fino al piccolo Castello di San Felipe e per poi tornare indietro per un breve tratto. Abbiamo preso l’autobus in direzione di Copán (in Honduras), ma lungo il percorso ci siamo fermati a visitare – sotto una pioggia incessante e prepotente, ho già scritto un blogpost solo sulla pioggia di questo viaggio – il parco archeologico di Quiriguà dove ci sono alcune magnifiche e imponenti stele. Nell’ultima parte della visita al parco, la pioggia ci dà un pochino di tregua, ma ormai… siamo zuppi e da giorni.

“Perché non ci provi ad arrenderti a un giorno di pioggia, al gusto di pioggia?”

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9° giorno: Per tutta la mattina visitiamo il Parco Archeologico di Copán, che è semplicemente immenso e incantevole. Ci sono un sacco di cose da dire su questo parco e io ci ho provato raccontandole qui, mentre le foto di Copán Ruinas le trovate qui. È famoso per le sue stele di pietra e per avere l’unica gradinata con incisioni del mondo Maya.

Ripartiamo non appena è possibile, perché oggi la trasferta è bella lunga, di circa 450 km. Si va a Panajachel, sulle sponde del lago Atitlán, ai piedi dei tre vulcani Atitlán, Tolimán e San Pedro. Il lago è considerato tra i più belli al mondo. Ed è vero. Ad agosto le mattine offrono un meraviglioso cielo che è stato pulito dalle interminabili ore di pioggia del pomeriggio/sera/notte precedenti. Verso le 13.00 le nubi affollano il cielo e alle 14.00: correte. Quindi svegliatevi alle 5.00 e non perdetevi per niente al mondo l’alba sul Lago Atitlán.

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10° giorno: Visitiamo la Riserva Naturale Atitlán dove, attraverso dei sentieri, si possono vedere uccelli, farfalle, piante di ogni genere oltre a una piccola piantagione di caffè e tante, tante scimmie. Oltre a visitare il parco si può fare anche canopy… per chi se la sente. Il canopy in Italia viene chiamato zip-line. Credo. Il racconto di come è andata parte di quella giornata è qui. L’altra parte della giornata invece è leggenda. Abbiamo preso un chicken-bus per vedere una festa che ha dell’incredibile nella cittadina di Sololá e siamo tornati sul cassone di un pick-up. Con la pioggia naturalmente. Anche per questo pomeriggio mi servirà un post apposito! Mi sto segnando tutto quello che prometto di scrivere.

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11° giorno: Abbiamo tutto il giorno per visitare in barca i paesini che si affacciano sulle rive del lago e che sono San Juan la Laguna, San Antonio Palopó e Santiago de Atitlán, quest’ultimo ospita la Confraternita di Maximón, un idolo venerato dagli abitanti della regione. Partiamo con il sole e il cielo limpido, torniamo con secchiate di acqua. Abbiamo visto di tutto però: produzione di tessuti, coltivazione di piante officinali, cerimonie sciamaniche, artisti all’opera. Di tutto. È stato speciale.

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12° giorno: Oggi partiamo per Chichicastenango, a una cinquantina di km. Lì c’è il più colorato e bel mercato dell’America Latina. Attenzione alle borse, però, qui come in tutto il mondo. Due, anzi tre cose mi hanno colpita in particolare a Chichicastenango: 1) la scalinata della chiesa con le venditrici di fiori, semplicemente magnifiche; 2) gli altari in fondo alla chiesa dove si svolgono riti sciamamici, si chiama sincretismo e testimonia la coesistenza di più religioni; 3) il cimitero, coloratissimo, come tutti i cimiteri guatemaltechi, ma qui era in un punto inaspettato.

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Nel pomeriggio abbiamo partecipato a un rito sciamanico maya che prevedeva che ognuno di noi avesse in mano due candele: una bianca e una gialla che simboleggiano felicità e salute. Bruciandole nel fuoco centrale si chiede che entrambe vengano assicurate. Il fuoco centrale viene preparato prima di iniziare il rito con candele di tanti colori: c’è anche l’amicizia, il lavoro, la famiglia, l’amore. Poi si aggiunge cioccolato, poi pane, poi uova crude e poi si dà fuoco. Pian piano ognuno aggiunge le sue candele e… occhio a quando scoppiano le uova… È stata sicuramente un’esperienza. Era il mio secondo, o terzo (boh) rito sciamanico e devo dire che rispetto. Semplicemente, rispetto. Lo sciamano e sua moglie ci offrono poi un liquore fatto in casa: benzina. E questo è tipico di tutti i liquori fatti in casa del mondo. Vi ricordate di quando ho dovuto buttare la vodka in Slovacchia?

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Di Chichicastenango vi segnalo anche l’hotel perché è magnifico e pieno di sculture in legno e pappagalli: Hotel Santo Tomas. Vi piacerà e godetevelo per bene perché la sera – con quella pioggia – dove volete andare?

13° giorno: Visitiamo un po’ la cittadina che è magnifica, incasinata, viva, vibrante. Ci sono la chiesa di Santo Tomas – costruita nel 1540 sui resti di un antico tempio pre-ispanico – e la chiesa El Calvario. Incontriamo altri italiani, i primi e gli unici di tutto questo viaggio e poi via si parte per l’ultima tappa: la città di Antigua.

14° giorno: Antigua – capitale del regno di Guatemala durante l’epoca coloniale – dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Questa cittadina mi ricorda Arequipa in Perù di cui avevo parlato proprio qui. L’architettura è molto simile anche se Antigua è decisamente più barocca. C’è di tutto da vedere, ma sopratutto chiese ispanico-barocche come La Merced o quella mezza distrutta da un terremoto di El Carmen. Si chiama Antigua proprio perché era la vecchia capitale del Guatemala, ma dopo il terremoto 1773 la Corona Spagnola spostò la capitale in un luogo più sicuro dal punto di vista sismico: la moderna Città del Guatemala.

Antigua è circondata da tre vulcani che svettano sulla città da ogni punto di osservazione. Io non ho resistito alla tentazione di scalarne uno che però non è un vulcano cittadino, ma a circa un’ora di strada da Antigua. Si chiama vulcano Pacaya, salire e scendere è abbastanza complicato perché il sentiero è fatto di cenere e quindi molto scivoloso.

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È un vulcano attivo ed erutta persino spesso. Gli abitanti del villaggio vivono del turismo che il vulcano gli procura, ma loro stessi dicono: “il vulcano dà, il vulcano prende” e quindi vivono con le valigie sempre pronte. Quando siamo arrivati noi il Pacaya aveva eruttato da soli 5 giorni. Il fiume di lava si stava seccando, ma era ancora fragile, ci ho camminato un paio di metri, ma era decisamente poco sicuro e molto caldo. La cosa strana è che aveva creato una sorta di muro e il sentiero da un lato aveva la fredda parete della montagna e dall’altro una lava caldissima che si stava lentamente seccando. Che sensazione strana. Dico: “ci vorrebbero dei marshmellow per scaldarli nella lava” e la guida mi risponde “ce li ho io“. L’ho adorato. Nella mia vita non avrei mai pensato di mangiare dei marshmellow cotti nella lava di un vulcano. Mai. Li infiliamo sui bastoncini e poi li avviciniamo alla lava e tempo pochi secondi sono pronti e deliziosi!

15° giorno: Torniamo a Città del Guatemala, parte da qui il nostro volo per Madrid. Ci consentono di vedere solo la piazza principale e poi ci dicono che qui non si può andare in giro, è troppo pericoloso. Ancora una volta mi viene in mente il Perù, Lima purtroppo è nelle stesse condizioni, così come tanti capitali dell’America Centrale e del Sud. Arriviamo all’aeroporto giusto in tempo. Iniziano a piovere secchi, vasche da bagno intere piene di acqua, il diluvio universale. Saliamo sull’aereo che atterra un’ora dopo. Come?? Sì, scalo tecnico non segnalato a San Salvador. Avventura fino alla fine eh?

 

Ma che figata. Tornata a casa mi chiedono “cosa hai fatto?” Non so da dove partire. Il pick-up? Il vulcano? Le zanzare?

 

Trovate l’album con le fotografie qui.

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