La prima gita nella giungla

Io non me la dimenticherò mai. MAI!

La giungla è un’idea esotica, nell’immaginario comune viene in mente Sandokan.

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Innanzittutto le basi: che cos’è la giungla? In realtà si chiama foresta pluviale tropicale, perchè giungla si riferirebbe solo a una specifica tipologia di foresta pluviale tropicale che si affaccia sull’Oceano Indiano, ma… non stava bene nel titolo!

Si trova nella fascia equatoriale di tutto il mondo, è il suo comun denominatore e per via della sua latitudine ospita la più grande rappresentanza di biodiversità del pianeta, ovvero il maggior numero di piante e animali diversi.

In Guatemala la foresta pluviale tropicale si trova solo ed esclusivamente nella fascia nord del Paese, nella regione del Petén. Viene anche chiamata Riserva de Biosfera Maya perché conserva un numero incredibile di edifici maya (alcuni ancora nascosti, come già raccontavo qui in Guatemala non hanno fondi per la manutenzione delle opere maya e quindi molte non vengon nemmeno riportate alla luce per paura di rovinarle inutilmente). È la naturale continuazione della foresta pluviale messicana.

Quel giorno il motivo della nostra “gita” nella giungla era per l’appunto visitare il sito archeologico di Ceibal, uno tra i più grandi siti maya al mondo. Nonostante sia enorme non è molto conosciuto perché arrivarci è una vera impresa!

Noi siamo partiti in bus da Flores fino a Sayaxchè dove c’è un porto fluviale sul Rio La Pasión. Qui traghettatori portavano macchine, motorini, carretti, animali e tutto quello che vi viene in mente da una parte all’altra dell’immenso fiume. Come portavano tutte queste cose? Con delle zattere che facevi fatica a guardarle e tenevi le dita incrociate per loro.

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Idem erano le nostre barchette, ma per quanto io tema sempre per le cose che possono accadere agli altri, per me non temo mai nulla e quindi la barca uscita da un garage fai da te o dalla rivista “costruisci la tua barca con l’Attak in 12 puntate” mi è sembrata perfetta e così è stato.

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Il viaggio con la lancia è stato incredibile. Proprio come nei documentari sull’Amazzonia. Ero semplicemente senza parole dall’emozione. C’era questo enorme fiume (che non è nemmeno tra i più grandi) colorato di marrone per via del limo depositato sul fondo e un tripudio di vegetazione che cresce direttamente anche nell’acqua del fiume, così per lunghi tratti non si vede nemmeno la riva. Per tutto il giorno non si vede nemmeno nessuno. Forse una barca o due.

Poi – all’improvviso – un cavallo fa il bagno.

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Ci mettiamo un po’ più di un’ora per arrivare al punto in cui inizia il percorso che porta a Ceibal e che attraversa la foresta.

Sulla barca ci prepariamo tutti, ci avevano detto “occhio alle zanzare” e quello che sta per iniziare io non potevo nemmeno immaginarmelo. Infilo pantaloni lunghi e larghi, maglia a maniche lunghe e larghe, nonostante il caldo tropicale bisogna essere completamente coperti per entrare in un luogo simile.

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Grondo di caldo e di Autan Tropical, ma dopo i primi passi capisco che sarà un incubo. Le zanzare sono ovunque e sono tantissime, sciami interi che non ti mollano un secondo. Prendiamo delle enormi foglie di banano e cominciamo a sventolarle per allontanare le zanzare. Smetto di fare fotografie. Ogni fotografia significa tenere ferme le mani e loro arrivano a fiotti.

Ci asciughiamo il sudore, sventoliamo, spruzziamo altro Autan, avvolgiamo il collo nei fazzoletti e mentre proseguiamo questo tragicomico percorso noto che il cielo che si vede a malapena è grigio scuro. Ahia. Guardo per terra e il percorso che stiamo seguendo è strano, è super scivoloso. “Affrettiamoci” dice la guida “se inizia a piovere questo diventa un piccolo fiume e dovremo farlo come se fosse uno scivolo per tornare alla barca”.

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Quando tutto sembrava andare per il peggio ecco un rumore raccapricciante! “E questo cosa diavolo era?” dice uno. Sembrava il rumore di una fresa o di una sega circolare, quei rumori da falegname o da film horror. “Ah, sono le scimmie urlatrici” dice la guida con serenità.

Ah, ci mancavano solo quelle. Era un rumore inquietante.

Scoppio a ridere che non mi trattengo, ormai le zanzare hanno preso possesso di noi e non ci mollano nonostante siamo completamente vestiti. Riescono a pungere lo stesso.

Arriviamo al sito archeologico e ci viene incontro una guida con un aggeggio tipo incenso da chiesa compreso di fumo. È una noce di cocco sbruciacchiata che tiene lontane le zanzare… E le capisco, tiene lontani anche gli umani ‘sta puzza!

Vediamo delle stele, un altare circolare. Questo posto era un grande centro cerimoniale maya. Esposta non c’è che una minima parte, ma chi verrebbe qui a scavare e poi a mantenere? Non è mica facile!

Ho due foto di quel posto, ogni volta che prendevo in mano la reflex uno sciame puntava le mie mani. A un certo punto ho smesso di grattarmi. Ormai era tutto inutile.

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Facciamo il percorso al contrario, torniamo alla barca. E quindi niente, immaginatevi un gruppo di persone che si flagella con delle foglie di banano e con in testa al gruppo un ragazzino che tiene il cocco che fuma e che ondeggia come l’incenso in chiesa… una processione. Di disperati.

Arriviamo alla barca e ci togliamo le maglie a maniche lunghe. Sistemiamo gli zaini e facciamo tutte le nostre cosine. Ci sediamo, esausti e sorridenti. Siamo sopravvissuti.

 

Le foto di questa giornata le trovate qui.

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