Il mio amico Farhod

Il mio amico Farhod vive a Fergana, in Uzbekistan. Abita in una valle sperduta a 5 ore di macchina dalla capitale Tashkent. La valle di Fergana è nella parte est del Paese, al confine con Kyrgyzstan e Tajikistan.

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Quel giorno ero arrabbiata, triste, delusa. È stato un viaggio difficile, non lo nascondo e per tanti motivi (indipendenti dall’Uzb, anzi, io ve lo consiglio proprio questo viaggio) ma quel giorno lo è stato in particolare. La sera stessa però sono arrivate due splendide sorprese: ho incontrato per caso degli amici francesi conosciuti 1000 km prima, é stato fantastico e poi sono tornata in albergo e lì ho conosciuto Farhod. Mi ha dato la chiave della mia stanza e mi ha timidamente chiesto se avessi tempo per fermarmi a chiacchierare. Aveva bisogno di parlare un pochino di inglese. L’ha fatto con un sorriso meraviglioso.

Mi ha fatto una domanda che mi hanno chiesto tutti laggiù: “cosa ci fai qui sola?” Viaggiare sole in Uzbekistan é qualcosa di molto strano. Ai loro occhi siete delle specie di aliene. Davvero non capiscono cosa ci facciate lì da sole, non ne capiscono il senso. A 30 anni suonati poi in Uzbekistan non puoi non essere sposata. Mi guardavano con sorpresa e smarrimento, era difficile capire. Mai invadenti, mai provocanti, semplicemente e ingenuamente sorpresi.

Con la stessa timidezza mi ha detto che ero bellissima, ma senza alcuna malizia. Ormai ero quasi alla fine del viaggio e me lo avevano detto spesso, avevo capito che era un apprezzamento spassionato per qualcosa di esotico, di diverso, di mai visto. Donne e uomini indistintamente mi fermavano per fare delle fotografie e mi guardavano negli occhi dicendomi che erano bellissimi. I loro lo erano! Eravamo un incontro di stranezze e ci piacevamo!

Gli dico il mio nome, pronuncia la parola Laura più volte e mi dice che suona bene e che è un nome nuovo per lui. Mi presenta suo cugino. Entrambi sono gentilissimi. Simpatici, si ride molto. Cerchiamo delle parole che conosciamo tutti e tre, ma è difficile. Il mio russo è davvero limitato, accidenti, quasi inesistente. Non importa, il linguaggio dell’amicizia é internazionale. Mi raccontano delle loro famiglie, della loro vita, dell’impossibilità di lasciare il loro paese, sognano il mondo. Si chiamano брат tra loro, fratelli. Qui la famiglia è davvero tutto.

Farhod studia l’inglese da solo e da 3 mesi, è all’inizio, ma è davvero bravo per questo poco tempo. Lavora da matti, mantiene tutta la famiglia e fa orari massacranti, pratica la boxe. Mi dice che un’attività sana e che lo tiene lontano dalla noia di questa città. Vuole andarsene.

Andiamo avanti a parlare una lingua sconosciuta. Per ore costruiamo il nostro piccolo mondo.

Mi chiedono dell’Italia, del calcio, se conosco Shevchenko. Gli faccio vedere una mia foto a San Siro, gli brillano gli occhi.

Sono andata a dormire alle 4 del mattino con il sorriso stampato. Farhod ha cambiato tutto. Siamo diventati molto amici, nonostante ci serva Google Translate. È davvero divertente. Non ci capiamo, ma ci vogliamo bene.

 

Io e Farhod siamo amici a 4.659 chilometri di distanza in linea d’aria (il percorso stradale è di 6.125 km) e a 4 ore di differenza.

Nota di servizio: in Uzbekistan Whatsapp funziona malissimo, si riescono a mandare solo messaggi e non immagini. Scaricate Telegram. Skype invece non funziona per nulla, scaricate Imo.

5 pensieri riguardo “Il mio amico Farhod

    1. A dir la verità non è pericoloso, è solo curioso perché chiunque ti ferma e ti guarda come se fossi un’aliena e un po’ più burocratico perché in gruppo vieni fermato meno spesso dalla polizia. Posso chiederti che itinerario hai seguito in Uzb?

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